Lo store
Gli scaffali del negozio offrono esclusive varietà della celebre barretta, create secondo i gusti culinari nipponici come il Te Verde, la salsa Wasabi o la Cheesecake alla fragola. Uno dei gusti più venduti e maggiormente apprezzati dai clienti dello store è il “Sublime bitter”, che pare ricordare l’aroma deciso del cioccolato extra fondente. È uno dei prodotti di punta della boutique ed è allo stesso tempo molto ricercato, infatti, ogni giorno vengono prodotte circa 300 barrette di questa varietà, tutte rigorosamente fatte a mano. Il giorno di apertura sono state messe in vendita 500 barrette (3,40 $ l’una) e sono andate letteralmente a ruba: sold out in soli 40 minuti
I gusti
I sapori curiosi e insoliti per il palato europeo sono nati grazie alla collaborazione con Takagi, un maestro cioccolatiere giapponese, e saranno disponibili solo in alcune regioni del Giappone. I gusti infatti sono strettamente legati alla geografia culinaria del Paese proprio perché realizzati con ingredienti tipici della località in cui vengono venduti. Al tempo stesso anche i colori sono molto distanti da come ci si aspetterebbe, alcune barrette sono rosa o lilla delicato, altre verdi ma non mancano certo le classiche marrone cioccolato.
Il Giappone: scelta strategica?
La scelta di aprire uno store in Giappone, come si apprende dal comunicato ufficiale (http://www.nestle.com/media/newsandfeatures/japan-kitkat-boutique), riflette anche la “passione” che i consumatori del Sol Levante hanno nei confronti della celebre barretta di cioccolato. I produttori di Kitkat, infatti, dichiarano che ogni giorno vengono sgranocchiate circa 650 barrette al secondo, ma è proprio in Giappone dove viene particolarmente apprezzato il prodotto Nestlé, tanto da essere definito nel 2012 il “miglior cioccolato del Paese”. E’ proprio per questo motivo che Stewart Dryburgh, Global brand manager per Kitkat, ha dichiarato di tenere in particolar considerazione il mercato giapponese per la crescita economica del brand.
Un brand “glocale”
Lo store assume quindi un valore aggiunto a Tokyo, proprio perché sembra voler “rinunciare” al suo alone di “internazionalità” legata al celebre brand multinazionale per inserirsi invece nella cultura nipponica, tanto da creare dei gusti venduti, e probabilmente anche apprezzati, solamente in Giappone. In questo modo Nestlé si avvicina ai suoi consumatori sparsi per il mondo, intercettandone i gusti e cercando di soddisfarli.
Uno store e un brand che potremmo definire “glocali”, ripensando al concetto introdotto dal sociologo Zygmunt Bauman: ovvero l’adattare l’universo dell’internazionalizzazione e della globalità alle realtà locali più circoscritte.
Uno store quindi “camaleontico” che sa inserirsi nel contesto culturale in cui viene posto per dare valore aggiunto al brand e ai consumatori che ne fruiscono i prodotti. Uno spazio che sa comunicare i valori del marchio a chi lo fruisce, attraverso le sue peculiarità e attraverso un “contesto fisico coerente con l’immaginario di marca, in grado di offrire al visitatore una rappresentazione tangibile del proprio universo estetico e valoriale” (cfr. P.Musso, Brand Reloading. Nuove strategie per comunicare e raccontare la marca).
La boutique sembra inoltre cavalcare l’onda del proliferare di store monomarca dedicati al cioccolato, come M&M’s.
Spunti per riflettere
A questo punto è interessante riflettere sui possibili futuri mercati a cui Kitkat potrebbe ambire basandosi sulla strategia dell’offerta personalizzata, cercando di soddisfare sempre di più i gusti dei suoi clienti, e aumentando di conseguenza la fidelizzazione al brand stesso.
Parlando in termini monetari: maggiore fidelizzazione porta ad un maggiore ritorno economico.
Chi lo sa, potrebbe creare delle varianti piccanti per incontrare il gusto dei palati messicani o sudamericani. O perché no, lanciare dei gusti speziati per il mercato mediorientale.
Del resto anche Mc Donald’s, simbolo per molti del junk-food oltre che del fast-food, ha deciso di lanciare offerte “personalizzate” per avvicinarsi ai gusti dei suoi clienti, come nel caso dei consumatori italiani. Infatti, ha proposto edizioni limitate di panini preparati con ingredienti tipici della cucina del Bel Paese (carne di Chianina, Provolone, Speck dell’Alto Adige, per citarne alcuni) oppure i menù “più salutari” a base di pasta (in collaborazione con Barilla) o insalata. Quale sarà la strategia futura che Kitkat deciderà di seguire? Proporre altre offerte ad hoc? Teniamo gli occhi aperti… e i palati pronti!
Gli scaffali del negozio offrono esclusive varietà della celebre barretta, create secondo i gusti culinari nipponici come il Te Verde, la salsa Wasabi o la Cheesecake alla fragola. Uno dei gusti più venduti e maggiormente apprezzati dai clienti dello store è il “Sublime bitter”, che pare ricordare l’aroma deciso del cioccolato extra fondente. È uno dei prodotti di punta della boutique ed è allo stesso tempo molto ricercato, infatti, ogni giorno vengono prodotte circa 300 barrette di questa varietà, tutte rigorosamente fatte a mano. Il giorno di apertura sono state messe in vendita 500 barrette (3,40 $ l’una) e sono andate letteralmente a ruba: sold out in soli 40 minuti
I gusti
I sapori curiosi e insoliti per il palato europeo sono nati grazie alla collaborazione con Takagi, un maestro cioccolatiere giapponese, e saranno disponibili solo in alcune regioni del Giappone. I gusti infatti sono strettamente legati alla geografia culinaria del Paese proprio perché realizzati con ingredienti tipici della località in cui vengono venduti. Al tempo stesso anche i colori sono molto distanti da come ci si aspetterebbe, alcune barrette sono rosa o lilla delicato, altre verdi ma non mancano certo le classiche marrone cioccolato.
Il Giappone: scelta strategica?
La scelta di aprire uno store in Giappone, come si apprende dal comunicato ufficiale (http://www.nestle.com/media/newsandfeatures/japan-kitkat-boutique), riflette anche la “passione” che i consumatori del Sol Levante hanno nei confronti della celebre barretta di cioccolato. I produttori di Kitkat, infatti, dichiarano che ogni giorno vengono sgranocchiate circa 650 barrette al secondo, ma è proprio in Giappone dove viene particolarmente apprezzato il prodotto Nestlé, tanto da essere definito nel 2012 il “miglior cioccolato del Paese”. E’ proprio per questo motivo che Stewart Dryburgh, Global brand manager per Kitkat, ha dichiarato di tenere in particolar considerazione il mercato giapponese per la crescita economica del brand.
Un brand “glocale”
Lo store assume quindi un valore aggiunto a Tokyo, proprio perché sembra voler “rinunciare” al suo alone di “internazionalità” legata al celebre brand multinazionale per inserirsi invece nella cultura nipponica, tanto da creare dei gusti venduti, e probabilmente anche apprezzati, solamente in Giappone. In questo modo Nestlé si avvicina ai suoi consumatori sparsi per il mondo, intercettandone i gusti e cercando di soddisfarli.
Uno store e un brand che potremmo definire “glocali”, ripensando al concetto introdotto dal sociologo Zygmunt Bauman: ovvero l’adattare l’universo dell’internazionalizzazione e della globalità alle realtà locali più circoscritte.
Uno store quindi “camaleontico” che sa inserirsi nel contesto culturale in cui viene posto per dare valore aggiunto al brand e ai consumatori che ne fruiscono i prodotti. Uno spazio che sa comunicare i valori del marchio a chi lo fruisce, attraverso le sue peculiarità e attraverso un “contesto fisico coerente con l’immaginario di marca, in grado di offrire al visitatore una rappresentazione tangibile del proprio universo estetico e valoriale” (cfr. P.Musso, Brand Reloading. Nuove strategie per comunicare e raccontare la marca).
La boutique sembra inoltre cavalcare l’onda del proliferare di store monomarca dedicati al cioccolato, come M&M’s.
Spunti per riflettere
A questo punto è interessante riflettere sui possibili futuri mercati a cui Kitkat potrebbe ambire basandosi sulla strategia dell’offerta personalizzata, cercando di soddisfare sempre di più i gusti dei suoi clienti, e aumentando di conseguenza la fidelizzazione al brand stesso.
Parlando in termini monetari: maggiore fidelizzazione porta ad un maggiore ritorno economico.
Chi lo sa, potrebbe creare delle varianti piccanti per incontrare il gusto dei palati messicani o sudamericani. O perché no, lanciare dei gusti speziati per il mercato mediorientale.
Del resto anche Mc Donald’s, simbolo per molti del junk-food oltre che del fast-food, ha deciso di lanciare offerte “personalizzate” per avvicinarsi ai gusti dei suoi clienti, come nel caso dei consumatori italiani. Infatti, ha proposto edizioni limitate di panini preparati con ingredienti tipici della cucina del Bel Paese (carne di Chianina, Provolone, Speck dell’Alto Adige, per citarne alcuni) oppure i menù “più salutari” a base di pasta (in collaborazione con Barilla) o insalata. Quale sarà la strategia futura che Kitkat deciderà di seguire? Proporre altre offerte ad hoc? Teniamo gli occhi aperti… e i palati pronti!
Nessun commento:
Posta un commento